domenica 22 novembre 2009

Accademia ed uroburi

"E' accaduto qualche tempo fa in una Scuola d'Architettura italiana che un gruppo di studenti dei corsi di composizione improvvisamente ha cominciato a disegnare progetti con colonne, capitelli e pinnacoli fioriti.

Si tratta di una Scuola di Architettura dalla quale sono usciti alcuni tra i migliori architetti italiani del movimento moderno che, quando erano studenti, improvvisamente avevano cominciato a disegnare progetti senza colonne, capitelli e pinnacoli fioriti, tra la costernazione dei loro insegnanti. La stessa costernazione e, in gran parte, gli stessi insegnanti di oggi.

Contro la rivolta di allora la reazione si era ancorata ai consueti ripari del paternalismo eclettico: la profezia dell'oscuramento di ogni valore umano e sentimentale; la minaccia di un avvenire congelato nel quale il cervello avrebbe avuto il sopravvento sul cuore, la fredda e inanimata precisione della macchina sulla ricca ed espansiva vitalità dell'architettura modanata.

Contro la rivolta di oggi la reazione si è adeguata ai tempi ed ha applicato il metodo del paternalismo razionalista; un razionalismo orecchiato che sotto la pelle di lupo delle dichiarazioni piu dogmatiche ancora goffamente nasconde la pecora belante dell'eclettismo.
Anzichè avviare la controversia a una aperta e approfondita discussione che consentisse di mettere in chiaro Ie esigenze reali, i preconcetti e Ie carenze culturali che si confondevano nell'irritazione, sono state lanciate, come fulmini sugli eretici, obiezioni pseudoscientifiche e moralistiche che hanno subito interrotto ogni possibilita di colloquio. Non si poteva aspettarsi diverso e non resta perciò che ripetere quello che da anni si continua a dire a proposito di questo problema. Che Ie scuole di architettura orientate al semplicistico fine di stabilirsi nel giusto mezzo per la buona pace di tutti, sono necessariamente scoperte a questo genere di sorprese. La comodità di non assumere impegni di punta, di tenersi al riparo dalle rischiose novità del pensiero architettonico, si paga generando greggi di studenti che tirano a campare e anche — qualche volta — minoranze di studenti che non sanno contenere la loro irritazione.
Per questo la recente rivolta — la rivolta dei giovani delle colonne — non suscita molta sorpresa. E d'altra parte, nel suo primo movimento, ha un significato positivo. Perchè, prima di tutto, rappresenta un rifiuto della condizione di conformismo e di piccola astuzia che corrompe l'ambiente della Scuola.

Questi giovani che si agitano e che dicono di no sono certo migliori di una gran parte dei loro compagni che si adagiano nelle piume dello « stile moderno » e, per non compromettere l'agognato brevetto di piccolo cabotaggio architettonico, non perdono occasione per dire sempre di si.
Ma, oltre il suo primo movimento e nelle strade che ha preso, la rivolta dei giovani delle colonne non soltanto mostra la corda di sentimenti spuri che si sovrappongono all'iniziale generosa insofferenza (molta vanità, alquanta presunzione, qualche dannosa influenza, un poco di cattiva fede) ma si rivela astratta e sterile, senza alcuna possibilita di conseguenze feconde.

E', nella sostanza, assai diversa dalla rivolta dei giovani che si opponevano all'eclettismo: quelli guardavano avanti e compivano da soli la fatica di assumere una posizione coerente con Ie forze piu vive della cultura moderna; questi guardano indietro e, cercando soluzioni dove sanno che e impossibile trovarne, fingono un impegno che in realta e ancora un rifugio nel conformismo.

Le loro colonne non hanno nessun nuovo contenuto [...]

[Questi problemi] Per gli studenti, si affrontano rivoltandosi energicamente al conformismo. Non per abbandonarsi agli urli di petto di un melodramma individuale, ma per contribuire a trasformare la Scuola in un ambiente fecondo nel quale si acquista la preparazione necessaria ad affrontare con impegno un lavoro difficile e carico di conseguenze. [...]"

G. De Carlo, "Problemi concreti per i giovani delle colonne", da Casabella continuità n° 204, anno 1954.

domenica 1 novembre 2009

Critici attriti

Rappresentazione è per noi non riproduzione, ma attività intenzionale del soggetto che si volge al reale e si confronta con esso. In qualche modo, cioè, l'arte non è mai rappresentazione, ma presentazione della cosa prodotta, e ciò che avviene, "l'avvenire", in qualche modo eccede la rappresentazione.
P. 10
Il realismo come pratica artistica - dobbiamo subito dire - è invece, secondo noi, comunque forma conscia (o inconscia) di giudizio critico sul presente, sulle condizioni e contraddizioni su cui ci si fonda, sulle sue prospettive o sulle sue alternative possibili, o anche solo sulle speranze sognate: realismo è, o dovrebbe essere oggi, soprattutto opporsi al tramonto del senso delle cose.
p.18
è anzitutto la perdita di importanza, nella scala dei valori collettivi, del posto occupato un tempo dalle opere d'arte, che ha reso marginale oggetto di consumo le opere d'arte stesse; ma è anche la loro diffusione nella forma della estetizzazione generale delle cose e degli atti
p. 34
Il realismo critico si dispone invece contro una concezione estetico-comunicativa dell'architettura.
p. 42
l'architettura del realismo critico sembrerebbe piuttosto avere il compito di fissare proprio i traguardi, i punti fissi materialmente costruiti su cui la stessa incertezza può misurarsi.
p. 45
Non è tanto la rottura delle regole che diventa oggetto della ricerca dello scandalo (l'unico scandalo possibile sarebbe la loro ricostruzione) quanto il problema del superamento programmatico dei confini. Per andare dove? Per sottrarsi alle responsabilità, io dico, che la ragione critica imporrebbe.
p. 86
Il museo oggi legittima la cultura delle arti visuali e gli artisti lavorano per i musei e questi utilizzano questo meccanismo di produzione per il proprio autosviluppo istituzionale.
p. 90
guai a dare retta nella progettazione alle opinioni, del tutto indotte dalle comunicazioni di massa, dei fruitori; si rischia di trasformarsi da progettisti in media, in operatori delle ricerche di mercato, in architetti della constatazione, anzichè offrire idee alla discussione collettiva.
p. 107

Vittorio Gregotti, L'architettura del realismo critico, Laterza, Bari 2004

mercoledì 21 ottobre 2009

L'irregolarità secondo Marti Aris

"la completa irregolarità è inconcepibile - se nessuna sequenza è ripetuta in una certa composizione, questo fatto stesso costituisce una notevole regolarità"

Carlos Martì Arìs, Le Variazioni dell'identità: il tipo in architettura, CittàStudiEdizioni, 2005 Torino